Edizione 2023: Qui?
Il filo rosso scelto per l’edizione 2023 di A occhi aperti è una doppia domanda: Qui? Come abitare oggi?
Si tratta del punto di approdo di un percorso di ricerca lungo oltre un anno, che si è raccolto via via intorno al concetto di abitare e che trova un suo compimento nel programma di A occhi aperti.
Il nucleo di questa ricerca è il lavoro di artistə che incarnano, da prospettive diverse, un nuovo squilibrio nel rapporto con gli spazi: Eliana Albertini, Samuele Canestrari, Valentina D’Accardi, Jérôme Dubois, Marijpol, Lisa Mouchet, Sammy Stein, Erik Svetoft, Miguel Vila.
Le loro opere mettono in discussione non solo i modi in cui si può fare fumetto, ma anche l'immaginario visivo intorno all'idea di casa, al senso di appartenenza, alle modalità con cui i corpi abitano gli spazi o ne sono rigettati.
Ragionare sul modo con cui alcune espressioni della narrativa disegnata contemporanea stiano rappresentando le forme dell’abitare è interessante perché il concetto stesso di abitare sta attraversando importanti mutazioni: l’incertezza collettiva sui tempi e sui modi dell’abitabilità a lungo termine del pianeta; la dialettica tra spazio reale e virtuale, dove il secondo si rivela non solo abitabile a tutti gli effetti, ma in fin dei conti il più abitato nella quotidianità; l’esperienza ancora recente di una pandemia che ha provocato una frattura del tradizionale rapporto tra interno ed esterno e ha cambiato il modo di vivere la casa; la trasformazione in atto di tante città che si offrono al mercato della mobilità di massa e sembrano preferire l’accoglienza di chi arriva da fuori per qualche giorno rispetto a chi cerca di costruire un nuovo orizzonte di vita (studente o migrante che sia), o anche a chi già ci vive ma con la fatica di reggere a condizioni economiche sempre più pressanti.
Tutte questioni che mettono al centro nodi filosofici e allo stesso tempo concretissimi: il rapporto tra l'individuo e la comunità, lo spazio, la possibilità di interagire con la realtà. Sono tanti gli indizi che fanno pensare di essere al termine di una secolare fase storica, quella in cui noi umani (o meglio, una parte specifica di noi umani) ci siamo posti a misura e governo del mondo, a favore invece di una nuova necessità di “metterci da parte” o, ancora meglio, di “sentirci parte” di una realtà più complessa, plurale e stratificata. Riflessioni teoriche e finzioni dell’immaginario stanno lanciando innumerevoli messaggi nella bottiglia, che il nostro agire individuale e collettivo fatica ancora a comprendere e porre in atto.
A occhi aperti non ha certo l’ambizione di esaurire tali questioni; desidera piuttosto porre nuovi interrogativi, come ben testimonia la doppia domanda che ha per titolo. Speriamo che, alla fine, le domande diventino più di due.
Si tratta del punto di approdo di un percorso di ricerca lungo oltre un anno, che si è raccolto via via intorno al concetto di abitare e che trova un suo compimento nel programma di A occhi aperti.
Il nucleo di questa ricerca è il lavoro di artistə che incarnano, da prospettive diverse, un nuovo squilibrio nel rapporto con gli spazi: Eliana Albertini, Samuele Canestrari, Valentina D’Accardi, Jérôme Dubois, Marijpol, Lisa Mouchet, Sammy Stein, Erik Svetoft, Miguel Vila.
Le loro opere mettono in discussione non solo i modi in cui si può fare fumetto, ma anche l'immaginario visivo intorno all'idea di casa, al senso di appartenenza, alle modalità con cui i corpi abitano gli spazi o ne sono rigettati.
Ragionare sul modo con cui alcune espressioni della narrativa disegnata contemporanea stiano rappresentando le forme dell’abitare è interessante perché il concetto stesso di abitare sta attraversando importanti mutazioni: l’incertezza collettiva sui tempi e sui modi dell’abitabilità a lungo termine del pianeta; la dialettica tra spazio reale e virtuale, dove il secondo si rivela non solo abitabile a tutti gli effetti, ma in fin dei conti il più abitato nella quotidianità; l’esperienza ancora recente di una pandemia che ha provocato una frattura del tradizionale rapporto tra interno ed esterno e ha cambiato il modo di vivere la casa; la trasformazione in atto di tante città che si offrono al mercato della mobilità di massa e sembrano preferire l’accoglienza di chi arriva da fuori per qualche giorno rispetto a chi cerca di costruire un nuovo orizzonte di vita (studente o migrante che sia), o anche a chi già ci vive ma con la fatica di reggere a condizioni economiche sempre più pressanti.
Tutte questioni che mettono al centro nodi filosofici e allo stesso tempo concretissimi: il rapporto tra l'individuo e la comunità, lo spazio, la possibilità di interagire con la realtà. Sono tanti gli indizi che fanno pensare di essere al termine di una secolare fase storica, quella in cui noi umani (o meglio, una parte specifica di noi umani) ci siamo posti a misura e governo del mondo, a favore invece di una nuova necessità di “metterci da parte” o, ancora meglio, di “sentirci parte” di una realtà più complessa, plurale e stratificata. Riflessioni teoriche e finzioni dell’immaginario stanno lanciando innumerevoli messaggi nella bottiglia, che il nostro agire individuale e collettivo fatica ancora a comprendere e porre in atto.
A occhi aperti non ha certo l’ambizione di esaurire tali questioni; desidera piuttosto porre nuovi interrogativi, come ben testimonia la doppia domanda che ha per titolo. Speriamo che, alla fine, le domande diventino più di due.